Il caffé è una bevanda ottenuta dalla torrefazione e macinazione dei semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali, appartenenti al genere Coffea.
Coffea appartiene alla famiglia botanica delle Rubiacea, un gruppo di angiosperme che annovera oltre 600 generi e 13500 specie.
Sebbene all'interno del genere Coffea siano identificate e descritte oltre 100 specie, commercialmente le diverse specie di origine sono presentate come diverse varietà di caffé e le più diffuse sono l'"arabica" (Coffea arabica) e la "robusta" (Coffea canephora).
Le specie di caffé coltivate su grande scala sono tre (Coffea arabica, Coffea canephora o robusta e, in minor misura, Coffea liberica).
Le specie differiscono per gusto, contenuto di caffeina e adattabilità a climi e terreni diversi da quelli di origine.
Ricordiamo che tutte le specie coltivate esistono ancora, nelle zone d'origine, allo stato selvatico. È però anche vero che sono state create artificialmente molte nuove varietà.

Adesso faremo un elenco delle specie principali, con le loro varie caratteristiche.
Arabica. La specie che è stata usata per prima è Coffea arabica, una pianta originaria dell'Etiopia (dove il caffé viene chiamato buna), del Sudan sud-orientale e del Kenya settentrionale e in seguito diffusasi nello Yemen, luogo in cui, peraltro, si ebbero le prime tracce storiche del consumo della bevanda, nel lontano 1450 tra i seguaci del sufismo.
I semi di Coffea arabica hanno un contenuto di caffeina molto inferiore a quelli delle altre specie di larga diffusione e rispetto alle altre specie è autoimpollinante, cioè autogama e inoltre predilige coltivazioni ad alta quota (tra 1000 e 2000 metri).
La coltivazione di Coffea arabica fuori dei territori d'origine è iniziata molto presto, per esempio, abbiamo notizie di tale coltivazione già in Indonesia nel 1699.

Robusta. Oggi è assai diffusa la coltivazione della qualità di Coffea robusta (o Coffea canephora, nome considerato scientificamente più corretto ma poco usato commercialmente). Tale varietà è originaria dell'Africa tropicale, tra l'Uganda e la Guinea, molto adattabile (cresce anche a quote inferiori ai 700 metri) e perciò più economica. La sua coltivazione è iniziata solo nell'Ottocento. È una pianta allogama, quindi richiede impollinazioni incrociate che la possono differenziare geneticamente con più facilità rispetto all’arabica.
Liberica. Tra le specie di cultura meno diffusa, la più importante è Coffea liberica, originaria della Liberia e coltivata, oltre che in Africa occidentale, soprattutto in Indonesia e nelle Filippine.
Oltre ha gia citati tipi di varietà di qualità di caffé, esistono anche quelle che vengono definite le "specie minori", ne indicheremo quelle più conosciute che sono:
Excelsa. La sua scoperta risale nel 1903 in Africa da una nuova specie di albero di caffé, battezzata con il nome di Coffea excelsa. In seguito, i botanici hanno ritenuto che questa specie fosse in realtà solo una varietà di Coffea liberica e il suo nome scientifico corretto è quindi  Coffea liberica varietà dewevrei.
La varietà continua a essere chiamata Excelsa da coltivatori e commerciali e viene considerata molto promettente.
Stenophylla. Coffea stenophylla è originario dell'Africa occidentale, dove viene coltivato localmente in Liberia, Sierra Leone, Costa d'Avorio. Questo è dovuto al fatto che è molto resistente alla siccità. Il profumo è stato paragonato a quello del , il sapore non è gradito a tutti i palati.
Mauritiana. Coffea mauritiana è il caffé marrone, la sue coltivazione sono sviluppate nell’'Isola Maurizio e in quella della vicina Isola della Riunione; una recente varietà orticolturale, il Bourbon pointu, sembra molto promettente.

Racemosa. Originaria del Mozambico, la Coffea racemosa perde le foglie durante la stagione secca.
Il termine caffé da dove deriva?
Il termine deriva dalla parola araba "qahwa", in origine, identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi che veniva consumata come liquido rosso scuro, il quale, bevuto, provocava effetti eccitanti e stimolanti, tanto da essere utilizzato anche in qualità di medicinale. Oggi questa parola indica, in arabo, precisamente il caffé.
Dal termine "qahwa" si passò alla parola turca "qahvè" attraverso un progressivo restringimento di significato, parola riportata in italiano con "caffé".
Questa derivazione è contestata da quanti sostengono che il termine caffé derivi dal nome della regione in cui questa pianta era maggiormente diffusa allo stato spontaneo, Caffa, nell'Etiopia sud-occidentale.
Esistono molte leggende per quanto riguarda la scoperta di questa magnifica bevanda. Quella più conosciuta afferma che un pastore chiamato Kaldi portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffé cominciarono a mangiare le bacche e a masticare le foglie.
Arrivata la notte le capre anziché dormire si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta mangiati dal suo gregge, li macinò e, dopo averne fatta un'infusione, ottenne il caffé.
Le capacità eccitanti della bevanda furono presto sfruttate in ambito religioso e mediche.
Meno nota la leggenda su Maometto: si narra che un giorno in cui il Profeta si sentiva malissimo l'Arcangelo Gabriele gli venne in soccorso, portandogli una pozione inviatagli direttamente da Allah. La bevanda era scura come la Sacra Pietra Nera della Mecca, comunemente chiamata "qawa". Maometto la bevve, si rianimò di colpo e ripartì per grandi imprese.
Una leggenda simile vuole, invece, che il caffé sia stato scoperto da un Iman di un monastero arabo, il quale ne preparò un decotto e lo fece gustare a tutti i monaci del convento, che rimasero svegli senza fatica tutta la notte.
Un'altra storiella narra di un monaco arabo, lo sceicco Ali ben Omar, che rimase solo durante un viaggio verso Moka, città nella quale accompagnava il suo maestro Schadeli, morto durante l'itinerario. Apparsogli un angelo, fu incoraggiato a proseguire verso quella città dove infuriava una terribile peste. Qui, con le sue preghiere ad Allah, riuscì a guarire molti malati e persino la figlia del re, della quale s’innamorò. Il Re, però allontanò il monaco, il quale, costretto a vivere nella solitudine della montagna, per appagare la fame e la sete, dovette invocare l'aiuto del suo maestro, il quale gli inviò un magnifico uccello dalle piume variopinte e dal suadente canto. Destato e sollevato dal melodioso canto, Omar si avvicinò per ammirare l'uccello e, giunto sul posto, vide un albero rivestito da fiori bianchi e frutti rossi: la pianta del caffé. Colse alcune bacche e ne fece un decotto dalla virtù salutaria che, spesso, offrì ai pellegrini che riceveva nel suo rifugio. Sparsasi la notizia delle qualità magiche della bevanda, il monaco venne riaccolto nel regno con grandi onori.
Una terza leggenda racconta che un immenso incendio si propagò in un vastissimo territorio dell'Abissinia, coperto da piante spontanee di caffé facendo diffondere a decine di chilometri di distanza l'aroma di quella che potrà essere considerata una gigantesca torrefazione naturale.
L’ultima leggenda fa risalire le origini del caffé, agli altipiani dell'Abissinia, dove, pare, siano le sue vere origini.
Comunque sia, i resoconti di parecchi viaggiatori testimoniano che l'uso del caffé fosse diffusissimo in tutto l'Oriente Islamico alla fine del XVI secolo, e si estendeva da Damasco fino al Cairo.
Le prime descrizioni dei locali dove i turchi consumano il caffé si deve a Francesco Bacone, nel suo libro Sylva sylvarum
In Occidente il caffé si diffuse attraverso Venezia, dove, si pensa, sia stata aperta la prima "Bottega del caffé " nel 1640, anche se alcuni ritengono che ne sia stata aperta una precedentemente a Livorno. In ogni caso, il successo fu immediato ed il caffé sia come bevanda che come locale, si diffuse in ogni città italiana. mondo.
Oltre all’Italia la diffusione di questa bevanda presse anche in tutta l’Europa.
Verso il 1650, cominciò ad essere importato e consumato in Inghilterra e si aprirono di conseguenza i primi caffé (intesi come circoli e bar e detti in inglese coffeehouse), come ad esempio quelli di Oxford e di Londra.
Nel 1663 in Inghilterra vi erano già 80 coffeehouse, cresciuti vertiginosamente fino a superare le 3000 unità nel 1715.
Le botteghe di  caffé divennero presto luoghi di nascita e diffusione di idee liberali, e furono frequentati da letterati, politici e filosofi, diffondendone l'uso in tutta Europa.
Nel 1670 aprì il primo caffé a Berlino e nel 1686 a Parigi.
Nel 1684 Franciszek Jerzy Kulczycki, soldato delle truppe polacche del re Jan III Sobieski, dopo la liberazione di Vienna, aprì in questa città la prima bottega del caffé, fra le prime in Europa.
Nel 1689 venne inaugurato il primo caffé negli Stati Uniti, a Boston, denominato London Coffee House. In seguito ci fu l’apertura  The King's Arms, nella cittadina di New York nel 1696.
Nel '700 ogni città d'Europa possedeva almeno un caffé.
Il caffé iniziò ad essere coltivato in larga scala nelle colonie inglesi e in quelle olandesi.
La Compagnia olandese delle Indie Orientali incominciò a coltivare il caffé già nell'ultimo decennio del XVII secolo, presso Giava utilizzando semi provenienti dal porto di Mocha, nello Yemen.
Nel 1706 alcune piantine di caffé vennero trasferite da Giava al giardino botanico di Amsterdam; da lì, nel 1713, una pianta raggiunse la Francia.
Nel 1720 Gabriel de Clieu, un ufficiale della marina francese, salpò alla volta dei Caraibi con due piantine di caffé di cui solo una sopravvisse arrivando alla colonia francese della Martinica. Da lì, nei decenni seguenti, le piante si diffusero rapidamente in tutto il Centroamerica: Haiti (1725), Guadalupa (1726), Giamaica (1730), Cuba (1748) e Porto Rico (1755). Nello stesso periodo, precisamente nel 1718, gli olandesi trasportarono il caffé in un'altra loro colonia, il Suriname da cui, nel 1719 entrò nella Guiana Francese e di qui penetrò infine in Brasile, dove, nel 1727, vennero create le prime piantagioni. L'industria nelle colonie dipendeva esclusivamente dalla pratica della schiavitù, abolita solo, peraltro formalmente, nel 1888.
Fu Carlo Linneo, botanico svedese a cui si deve la diffusione del sistema di classificazione degli organismi in genere e specie, a proporre per primo il genere Coffea nel 1737.
Con la seguenti cartina vengono indicate le zone dove incontriamo le aree di produzioni di caffé.

I maggiori produttori del prodotto sono nell’ordine Brasile, Vietnam, la Colombia e l'Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico, Guatemala, Honduras, Perù, Etiopia, India.
Per quanto riguarda la proprietà di questa straordinaria bevanda, già verso la fine del XVI secolo i botanici iniziarono ad analizzare le proprietà della bevanda. Dopo Rauwolf, nel 1713 il botanico francese Antoine de Jusseieu realizzò una delle più significative pubblicazioni scientifiche sulla anatomia del caffé.
Secondo una diceria ottocentesca, il caffé eserciterebbe un'azione meno eccitante nei luoghi umidi e paludosi e si riteneva che questa fosse la ragione per cui i paesi in cui se ne fa maggior consumo in Europa sono il Belgio e l'Olanda. In Medio Oriente, ove si usa di ridurlo in polvere finissima e farlo all'antica per berlo ancora torbido, il bricco, nelle case private, è sempre sul fuoco.
Secondo il medico Paolo Mantegazza, patologo ed igienista, il caffé - contrariamente a quello che comunemente si pensa - non favorisce in alcun modo la digestione; tuttavia può essere fatta una distinzione: il criterio può essere riferito a coloro ai quali il caffé non provoca eccitazione particolare, mentre per coloro sensibili alla bevanda, può portare la sua azione anche sul nervo pneumogastrico; ed è un dato di fatto innegabile che possano digerire meglio (e l'uso invalso di prendere una tazza di buon caffé dopo un lauto pranzo ne è una testimonianza, neppure troppo indiretta).
Preso alla mattina a digiuno pare che il caffé sbarazzi lo stomaco dai residui di una imperfetta digestione e lo predisponga ad una colazione più appetitosa.
Resta inoltre valida la raccomandazione della Food and Drug Adminstration di "evitare se possibile i cibi, le bevande e i medicinali che contengono caffeina, o comunque consumarli solo raramente".
Molti ricercatori sconsigliano il caffé decaffeinato, cioè quello contenente meno del 0,1% di caffeina, rimarcando l'uso di solvente tossico per eliminare la caffeina, del quale rimarrebbero tracce, che tuttavia per legge dovrebbero non essere sopra una soglia minima, comunque considerata dai medesimi detrattori troppo alta (es. etilmetilchetone: 20 mg/kg; se subisce reazioni di condensazione, forma dei veleni). In realtà molte aziende utilizzano dei metodi di produzione del decaffeinato che non necessitano di alcun solvente realmente tossico, e che quindi si possono considerare sicuri.
Prima di mettersi in viaggio il caffé non è consigliato, se non dopo aver mangiato. Infatti è uno stimolante e facilita l'attenzione, ma favorisce anche un'ipersecrezione gastrica fastidiosa, soprattutto a stomaco vuoto.
Il caffé mescolato al latte bollente (il famoso cappuccino) ha la proprietà di bloccare l'appetito ed è comunemente pensato essere un sostitutivo del pranzo anche se impropriamente. Questo perché, con la temperatura, l'acido tannico del caffé si combina con la caseina del latte, dando luogo al tannato di caseina, composto difficile da digerire.
Esistono diversi modi di preparare il caffé, i più rinomati sono:
- Il caffé espresso;
- Il caffé macchiato
- Il caffé schiumato
- Il caffé lungo
- Caffé ristretto
- Il Caffé corretto
- Caffé nocciola
- Caffé decaffeinato
Cappuccino
- Caffé messicano
- Caffé in ghiaccio e Caffé in ghiaccio con latte di mandorla
- Caffé all'americana
- Caffé shakerato
- Caffé d'orzo (in senso lato poiché non utilizza chicchi di caffé nella sua preparazione)
Marocchino
- Melange Viennese
Mocaccino
- Caffé turco
- Irish coffee
- Caffé alla valdostana

Le piantagioni.
Il più antico e tradizionale sistema di coltivazione del caffé è quello estensivo, tuttora usato in parte dell’America Centrale e in India: le piante di Coffea crescono insieme ad altre, più alte, che le riparano naturalmente dai raggi del sole. Il modello intensivo, adottato in Brasile, vede invece una forte densità di sole piante di caffé e la necessità di sistemi di irrigazione e meccanizzazione.
Altri investimenti, ma anche alta produttività e maggior impatto ambientale. La dipendenza della fioritura dalla pioggia fa sì che su ogni pianta si trovino contemporaneamente fiori e frutti, a diversi stadi di maturazione. Questo complica l’operazione di raccolta.

La fioritura.
Non è il susseguirsi delle stagioni a scandire il ciclo di fioritura e di maturazione delle piante di caffé. La Coffea cresce nelle fasce tropicali ed equatoriali dell’America, dell’Africa e dell’Asia, dove è sempre primavera o estate temperata.
È la pioggia a dare avvioin circa due settimane alla fioritura di fiori bianchi e profumati. Ancora da otto a nove mesi  per arrivare al frutto: bacche rosse, lucide e carnose come ciliegie. Al loro interno, uno o due semi ovali coperti da due membrane sovrapposte: il pergamino e, a diretto contatto con il seme, la pellicola argentea. Questi piccoli semi, con un sottile solco in mezzo, sono l’unica parte utilizzata per la produzione del caffé, il futuro chicco di caffé verde. 
Le foglie, appaiate e opposte, sono ovali, verde scuro, molto carnose, con un contorno ondulato che le rende simili a quelle dell’alloro.  A ogni pioggia si avvia un ciclo di fioritura:per questo sulla pianta si trovano contemporaneamente fiori appena nati, frutti acerbi e frutti maturi.

 

La raccolta.
Questa attiva viene effettuata quando il frutto del caffé è giunto alla giusta maturazione ed ha assunto un colore rosso.
Esistono diversi procedimenti di raccolta, ne esamineremo qualcuno:
Lo stripping, questo tipo di raccolta è quella più veloce, questo consiste nella raccolta di tutti i frutti maturi e non, dopo queste vengono selezionate tra quelle mature e quelle ancora acerbe, con risultati non sempre idonei, queste pratica viene usato in Brasile.
Il picking diversamente dal forma di raccolta esaminata precedentemente, il picking non è altro che la raccolta a mano, in più tempo dei frutti maturi. Questo modello è molto più costoso, ma assicura una maggiore qualità del cafè raccolto.
Oltre a questi tipi di procedure manuali esistono anche quelle meccaniche; l’operazione di raccolta può essere fatta con diversi sistemi, tutti basati sulla vibrazione dei rami dell’albero di caffé usando delle particolari macchine, che come nello stripping raccolgono le ciliegie tutte insieme.

 

La lavorazione.
Una volta raccolti, tutti i frutti vengono separati dai corpi estranei, pietruzze, bastoncini, foglie. Per lavorare i frutti ed estrarre i semi di caffé verde ci sono principalmente due modi: “lavato”, quando il frutto viene spolpato, demucillaginato, lavato e quindi i semi essiccati; “naturale”, quando il frutto viene essiccato intero.
Con il metodo lavato, i frutti sono spolpati attraverso speciali macchine e poi posti in vasche contenenti acqua per rimuovere completamente la mucillagine attraverso la fermentazione. I chicchi di caffé sono poi essiccati, e quindi decorticati con la rimozione del pergamino.
Con il metodo naturale, le ciliegie vengono lasciate essiccare al sole per un numero di giorni fino a venti. Solo quando buccia, polpa e semi sono completamente asciutte si ricorre alle macchine decorticatrici che liberano i chicchi.
Alla fine della lavorazione – sia col metodo lavato, sia col naturale - i frutti sono stati trasformati in caffé verde. Il processo si conclude con la classificazione dei chicchi in base a forma e dimensioni. Tranne alcune eccezioni, più grandi sono i chicchi, maggiore è il costo del caffé.

 

 

La selezione.
Preservare la qualità del caffé verde è essenziale. Il trasporto viene effettuato via nave, con la massima cura e attenzione al dettaglio. Per ottenere un caffé eccellente, i sacchi di juta da 60 kg non vengono stipati nei container per sfruttare meglio lo spazio, e nel container vengono adottati tutti gli accorgimenti per evitare ogni rischio di muffa, condensa e odori indesiderati. I sacchi sono posizionati in maniera da permettere la circolazione dell’aria tra di loro.
Dopo aver viaggiato nelle migliori condizioni possibili, i sacchi di caffé verde arrivano nei depositi.Appositi macchinari prendono i sacchi e, dopo averli contati, li depositano su un nastro trasportatore. Una volta tolti dai sacchi, la prima selezione dei chicchi è al vibrovaglio, un grande setaccio che separa tutti gli oggetti più grandi che possono essere rimasti. Un aspiratore elimina quelli più piccoli e leggeri, un separatore magnetico quelli metallici. A questo punto, il caffé verde viene immagazzinato nei silos.
L’ultima selezione è affidata a quattro macchine bicromatiche, che “fotografano” ogni chicco, riconoscono ed eliminano quelli immaturi o fermentati. Basta infatti un solo chicco imperfetto tra i 50 che fanno una tazzina per rovinare un espresso.

La tostatura.
Con la tostatura, i chicchi di caffé verde si trasformano in caffé in grani, chicchi friabili, leggeri, bruni e profumati da cui si ricava la polvere per l’espresso e le altre preparazioni. È in questo cruciale quarto d’ora che si formano circa 800 sostanze responsabili del gusto e dell’aroma del caffé. In un grande tamburo rotante il caffé verde viene prima asciugato per eliminare qualsiasi residuo di umidità e poi portato a una temperatura di circa 200° C, per poi essere raffreddato.
La prima fase della tostatura, dunque,è quella dello scambio di calore: il chicco grezzo comincia ad assorbire il calore, lentamente si asciuga e prende un colore a manto di monaco, mentre si forma un piacevole profumo di tostato. Nella seconda fase, il chicco acquista il 60% del suo volume, prendendo un leggero colore bruno. La temperatura continua a salire, il colore diventa più scuro, il chicco perde circa il 18% del suo peso e diventa friabile. La sua densità diminuisce e comincia a perdere anidride carbonica, un processo che continua per diversi giorni dopo la tostatura. Se la temperatura sale e i tempi di tostatura si allungano troppo, i composti di aromi volatili responsabili del gusto del caffé non vengono più creati, ma distrutti. Il grado di tostatura determina il colore e il gusto finale, ed è in gran parte una questione di preferenze personali. 
La gestione automatizzata della tostatura garantisce un controllo perfetto del processo, anche se l’esperienza dell’uomo è comunque fondamentale per impostare i computer in modo da garantire un risultato finale eccellente. Una volta raggiunto il grado di tostatura desiderato, il caffé deve essere raffreddato. Il processo di raffreddamento ad aria lascia intatti gli aromi migliori e preserva il caffé da ogni traccia di umidità.

Dopo essere passato per lo “spietratore”, che toglie ogni ulteriore residuo, i chicchi vengono spinti dolcemente ad aria verso l’area produttiva. Di lì prenderanno la strada del confezionamento per la commercializzazione del caffé in grani, o per l’isola della macinazione.

 

 

 

 

La miscelazione.
Tutte le miscele che beviamo sono fatte di caffé di origini diverse. Ogni origine porta le sue note aromatiche, la sua dose di amaro e di dolce, il suo particolare corpo. La miscelatura è un’arte, perché deve fondere in un insieme armonico tutte queste componenti
Si può comporre la miscela con il sistema a “componenti fissi”, cioè con una ricetta che stabilisce una volta per tutte quali sono gli ingredienti e in quale quantità vanno impiegati. O ci si può impegnare per mantenere unico e costante il gusto finale, scegliendo di volta in volta i migliori caffé e rimodellandone le quantità.
Ma l’eccellenza delle materie prime non basta a una miscela perfetta, né le corrette proporzioni di ogni ingrediente. Conta anche il processo produttivo: un particolare accorgimento sta nel realizzare la miscelatura prima e non dopo la tostatura, un’operazione più complessa e impegnativa, ma l’unica che dà un caffé dal gusto equilibrato e costante nel tempo.